Salvatore e Nicoletta Pala si raccontano sul nostro magazine. Due giovani ragazzi che sanno il fatto loro. Tradizione e innovazione si intrecciano dando vita ad Audarya, una giovane scommessa che per noi ha già vinto.
Raccontateci come è nata Audarya e perchè la scelta di questo nome…
(Nicoletta – Salvatore) Audarya nasce dalla volontà di nostro padre Enrico che, dopo essersi dedicato per una vita alla vite e al vino, ha deciso di affrontare il passaggio generazionale lasciando, con tanta lungimiranza, a noi due l’inizio di questo nuovo percorso. Siamo nati in queste vigne e in questo territorio che conosciamo praticamente da sempre (Salvatore va in vigna dall’età di 4 anni) e oltre ciò che si vede all’esterno Serdiana è fatta di tanti agricoltori che con grande rispetto e soprattutto sacrificio coltivano le vigne. Da qui siamo partiti e volevamo trovare un nome che racchiudesse un pò tutto questo: Audarya, da una lingua orientale, è “animo nobile di chi lavora la terra”.
Siete ragazzi giovanissimi, sarebbe interessante avere il vostro punto di vista sul mondo del vino in Sardegna e le differenze importanti che riscontrate al di fuori della nostra isola…
(Salvatore – Nicoletta) La Sardegna del vino sta attraversando un periodo di grande rinnovo e “fermento”. L’attenzione al dettaglio, alla qualità e al territorio si fa sentire sempre di più, ci sono tante nuove realtà giovani e fresche che danno diverse interpretazioni ai nostri vitigni e ognuna da un piccolo contributo alla crescita dell’isola. Venendo da una famiglia dedicata al vino, le amicizie fuori dall’isola provengono dal mondo del vino stesso e capita di confrontarsi con amici e colleghi: la cosa che si nota di più è che abbiamo grandi difficoltà a unirci e fare squadra, spesso a consorziarci: la crescita sarebbe molto più veloce per tutti. Detto questo, non dimentichiamo che siamo un’ isola, che nel vino italiano contiamo circa 1,5%( pensate un pò nel mondo…), quando capita di trasferirsi all’estero la prima difficoltà non è parlare di vino ma di geografia “spesso pensiamo di avere un’ importanza enorme e di essere arrivati… la strada è difficile e lunga”.
Anche voi state puntando su vitigni trascurati fino a qualche tempo fa come ad esempio il Nuragus e il Bovale come nasce questa riscoperta?
(Salvatore) In realtà Nuragus, Bovale, Nasco, Monica sono tutti vitigni che hanno da sempre caratterizzato il nostro territorio (mio nonno coltivava circa 70 ettari di Nuragus). Diciamo che appena arrivata la viticoltura moderna in Sardegna (non si parla di secoli ma di qualche decennio) da buoni sardi siamo stati stravolti e abbagliati da una sorta di internazionalizzazione clonale sballata… questo ha modificato tanto l’identità dei vitigni auctotoni. E siccome oggi quando salti il mare trovi tanti prodotti e tante etichette eccellenti, i consumatori e gli appassionati quando parlano di Sardegna vogliono Sardegna e se vogliono un qualcosa di non sardo la cercano nel territorio di origine dove ovviamente vitigno e territorio danno la massima espressione di equilibrio e qualità. Per questo secondo noi l’obiettivo deve essere quello di custodire al massimo questa identità territoriale.
Tra le vostre bottiglie qual è il vino che rappresenta meglio il vostro territorio?
(Salvatore) Per noi tutti… il Nuragus sicuramente viene coltivato in una microzona.
Serdiana è uno dei punti di riferimento per quanto riguarda la produzione di vino in Sardegna, infatti sono presenti alcune delle realtà più importanti del panorama isolano. in che modo voi pensate di differenziarvi?
(Nicoletta) Serdiana è un paese fantastico, le dolci colline che ci circondano lo rendono uno dei territori più vocati. Da un certo punto di vista noi siamo fortunati: chi ci ha preceduto (nostro nonno e nostro padre in primis) le grandi famiglie del vino hanno contribuito a far conoscere nel mondo Serdiana, questo per noi è un onore e anzi è un impegno enorme che ci prendiamo: dare anche noi il nostro piccolo contributo per valorizzare e custodire sempre di più questo patrimonio. Cerchiamo di farlo da giovani… e per questo lo comunichiamo alla nostra maniera.
Nel giro di pochi anni siete stati capaci di raccogliere i primi riconoscimenti in Italia, non ultimo i 95/100 di Daniele Cernilli per il vostro Nuracada, state ricevendo altrettanti apprezzamenti all’estero?
(Nicoletta – Salvatore) Siamo fortemente convinti che i riconoscimenti servano per capire cosa si è fatto e da lì acquisire la consapevolezza che si deve fare di più: ascoltare, imparare e migliorare. All’estero, soprattutto in certi paesi, la sostanza e la serietà sono fondamentali per instaurare una collaborazione e un ingresso sul mercato, la costanza della qualità premia e la fiducia va mantenuta. Per ora nei mercati dove ci siamo presentati hanno apprezzato con grande curiosità.
Avete riservato una cura particolare al design delle vostre etichette, a detta nostra sono tra le più interessanti in Sardegna, raccontateci com’è nata l’idea?
(Nicoletta) Il vino di per se è uno dei mezzi di comunicazione più complessi e affascinanti che esistano al mondo: da qui siamo partiti. Abbiamo voluto comunicare il nostro prodotto con un packaging distintivo ma allo stesso tempo semplice. Siamo due giovani imprenditori e le nostre etichette dovevano trasmettere proprio questo: la freschezza e l’ironia che si racchiude nel momento conviviale che unisce e aggrega le persone. Ecco che le immagini della prima linea sono state tratte da antiche riviste, ognuna delle quali si lega al vitigno autoctono in un rapporto raccontato attraverso una descrizione nella retro. Con la seconda linea, che rappresenta la selezione della cantina, abbiamo cercato di raccontare più nell’immediato il nostro territorio: ecco allora che Nuracada, per esempio, era il villaggio medioevale che nasceva proprio lì dove oggi sono siti i vitigni da cui ricaviamo le uve del nostro identitario prodotto.
La comunicazione del vino sta cambiando, i social network la fanno da padrone. In questo contesto come vi state muovendo?
(Nicoletta – Salvatore) I social network sono una bellissima invenzione. Internet, però, ha un potere enorme: ha la capacità di fare il bello e il brutto di un’ azienda. Abbiamo studiato tanto al riguardo: la comunicazione, oggi, è tutto, forse la voce più importante. La comunicazione di qualità costa ed è un grande investimento a lungo termine. Prima eri tu che andavi a proporre il tuo vino, a bussare alla porta. Oggi il consumatore ti anticipa con i social, si informa, ne prende parte e questo è fantastico ma allo stesso tempo è molto complesso. La sincerità e la cura del dettaglio sono fondamentali per la riuscita di una buona comunicazione… (voi delle strade del vino siete stati geniali in questo quindi la risposta la dovreste dare voi.. 🙂 )
Quali sono i vostri progetti futuri, come pensate ad Audarya tra 10 anni?
(Nicoletta – Salvatore) Audarya è fatta di un team di persone eccezionali: grazie a loro oggi siamo qui a raccontarvi la nostra avventura imprenditoriale. Una squadra giovane e capace, che tutti i giorni offre il massimo per contribuire a consolidare questo importante progetto. A loro dobbiamo tanto e dobbiamo tanto soprattutto a nostro padre e nostro nonno che ci hanno trasmesso questo grande amore per la terra e per il vino. Audarya continuerà a muoversi su queste linee per consolidare e ampliare il proprio trend di sviluppo. Azienda, ma non solo: anche realtà sempre più aperta, punto di incontro polifunzionale in grado di comunicare gli stretti legami tra la vita della vigna, del vino e della cantina con l’ambiente, la cultura e la natura in cui l’impresa è nata, resta immersa, crescerà. Tra 10 anni chissà… cambieranno tante cose… a noi ne sono bastati la metà per realizzare un sogno.
Grazie Salvatore e Nicoletta, ci vedremo certamente molto presto in cantina!
Di Mario Josto D’Ascanio