L’azienda Olianas si trova a Gergei, a circa 60 Km da Cagliari e nasce da un intuizione di Stefano Casadei e Artemio Olianas. Si estende per 20 ettari di cui 16 vitati a vermentino, bovale, cannonau e carignano. La produzione è di 135 mila bottiglie di cui il 70% va all’estero ed è figlia anche delle sperimentazioni fatte in cantina con le anfore.
Ci ha ospitato per la conferenza indetta per presentare concettualmente il progetto del “BioIntegrale”. Stefano Casadei che nella vita ha sempre rincorso i sogni, né ha realizzato uno legato alla produzione di vini da vitigni autoctoni in chiave “Bio”. Parliamo di una serie di risultati, frutto non dell’improvvisazione, ma di un tavolo tecnico. Ha visto coinvolte diverse professionalità fra cui Pierpaolo Pagni (direttore tecnico), Stefano di Blasi (agronomo ed enologo) e Annalisa Romani (Università di Firenze).
Da questo incontro né è scaturito un vero e proprio decalogo del “BioIntegrale” che è un marchio registrato, scritto in 10 punti a cui l’azienda si attiene rigidamente. Tanto cara ai titolari è la “socialità del territorio”, intesa come integrazione degli abitanti del territorio con l’azienda e il lavoro svolto, nell’interesse non solo dei singoli ma dell’intero territorio. Territorio da salvaguardare perché patrimonio di tutti e ricchezza da distribuire nel tempo, comprese le generazioni future.
Il Vino è visto come prodotto finale di queste sinergie, in armonia fra loro. Le tecniche di coltivazione sono tradizionali senza l’ausilio di mezzi meccanici, con il solo utilizzo di animali. La matematica in vigna è bandita e la tecnologia è espressa come input derivanti da nuove conoscenze e analisi. Le analisi chimiche che aiutano a vedere quello che non si percepisce a occhio nudo. In sintesi, la modernità sta dietro lo studio e non nella tecnologia meccanica. La valenza scientifica del progetto è data dall’Università di Firenze, con gli studi antocianosidi che controllano le variazioni cromatiche del colore e le analisi SPME-GC-MS per lo studio dei profumi con le loro differenze in anfora, acciaio e legno.
Sono bandite le selezioni clonali a favore di una selezione mirata sul campo dei diversi vitigni, con un osservazione di adattamento, resa ed evoluzione fatta direttamente nei vari appezzamenti di proprietà. Il terreno è stato analizzato attraverso campionamenti fino a 2,5 metri, con cromatografie che indicano la vitalità dello stesso e con la microbiologia del DNA batterico e fungino. I risultati hanno portano a stilare un punteggio certificato e quindi una sorta di classifica di biodiversità dei diversi terreni vitati dell’azienda. La pulizia in vigna da erbacce è affidata alle pecore e alle oche e i diserbanti sono banditi. Per quanto riguarda le lavorazioni in cantina, le fermentazioni avvengono con lieviti indigeni con sperimentazioni dai risultati eccellenti nell’uso di anfore provenienti da Georgia e Toscana.
La terracotta assicura il controllo delle temperature in particolare quando interrate, una migliore ossigenazione e soprattutto una minore caratterizzazione olfattiva rispetto al legno. Inoltre le lunghe macerazioni, permettono un uso inferiore di solforosa. Il tutto finalizzato a una maggiore naturalità e maggiore potenzialità espressiva del vitigno.
Abbiamo avuto il piacere di degustare il cannonau, il carignano e il bovaleddu in vari test con fermentazione in acciaio e anfora, con combinazioni di affinamento in botte, tonneaux e barrique.
In sintesi la certificazione biologica è stata la base per sviluppare un autoregolamentazione ancora più rigida, utilizzando i soli elementi naturali a disposizione. In un complesso armonico fra tradizione e conoscenze moderne, fra biodiversità delle varie colture, in cui le differenti produzioni di prodotti oltre la vigna si integrano.
Di Augusto Piras