Mattia Piludu della Cantina Vini Evaristiano di Putzu Idu (San Vero Milis, Oristano) ci racconta storia e filosofia di una delle più interessanti aziende vinicole della nostra regione. Spazio dunque alle domande.
Vini Evaristiano, non una semplice cantina, ma un progetto nato all’interno di una comunità religiosa, la Compagnia delle figlie del Sacro Cuore Evaristiane”. Raccontaci la storia.
Compagnia delle figlie del Sacro Cuore Evaristiane è una compagnia religiosa che opera nel sociale dai primi anni del secolo scorso, sull’idea del fondatore Evaristo Madeddu, che assieme alla cofondatrice Beniamina Piredda, diedero vita all’ordine. Nel primo dopoguerra, la Compagnia si occupava della cura e della scolarizzazione degli orfani e contestualmente al lavoro della terra. Lo spirito della Compagnia è sempre stato quello di lavorare la terra e produrre il necessario per la sopravvivenza delle case della comunità.
L’ordine ha due rami, quello femminile e quello maschile (Evaristiane ed Evaristiani). Le prime si occupano della cura e istruzione degli ospiti, gli altri della coltivazione della terra con attività di avviamento al lavoro dei giovani che intendono intraprendere attività agricole e manifatturiere. Fin da subito, la Compagnia ha coltivato la terra diversificando le produzioni con partiolare propensione alla coltivazione della vite. Nel 1982 è stato fondato il marchio “EVARISTIANO” e a seguito dell’intuizione dell’allora direttore, iniziò la produzione di vini presso il Consorzio Interprovinciale della Frutticoltura di Villasor. La prima bottiglia prodotta, fu l’evaristiano novello, successivamente si diede vita alla produzione di due spumanti, un brut e un demisec a base malvasia nonché due linee di vini fermi rossi e bianchi DOC e IGT. Nel 2006 è stata realizzata la cantina presso il nostro sito produttivo di Putzu Idu, dove produciamo, vinifichiamo ed imbottigliamo i nostri prodotti.
Oggi di cosa si occupa la Comunità Evaristiana?
Negli anni il tipo di utenza è variato ed oggi cura principalmente anziani e disabili. Rimane sempre lo spirito formativo che negli anni ha contraddistinto l’Opera, pertanto, compatibilmente con le esigenze produttive e le specificità dei ragazzi, si cerca di inserirli nei processi dell’azienda. Queste attività sono puramente terapeutiche e vengono utilizzate dagli operatori della struttura, per raggiungere gli obiettivi formativi prefissati per i ragazzi, favorire la socializzazione e l’inclusione sociale.
Aiutare il prossimo partendo dalla terra e dai suoi prodotti è possibile?
È il nostro valore aggiunto! Le apparenti diseconomie che si hanno nel modulare le attività produttive in funzione delle azioni formative e dell’inclusione sociale, in realtà danno al prodotto un valore intrinseco speciale. I ragazzi che collaborano con noi sono la nostra forza e il nostro orgoglio. Sapere che con il proprio lavoro, si è contribuito al benessere di ragazzi speciali non ha prezzo. In realtà grazie a questo connubio per noi dipendenti l’ambiente di lavoro assume sfumature gioiose e stimolanti.
Non solo vino, anche ortive…
Si, la Compagnia ha diverse case e diversi siti produttivi, nei quali si coltiva oltre alla vite anche ortive e frutta di stagione. Il surplus viene poi venduto nei punti vendita e il ricavato viene utilizzato per far fronte alle esigenze delle varie case di accoglienza. Lo stesso principio vale per i vini che produciamo in cantina.
In Italia esistono altre realtà simili alla vostra?
Non so se esistano altri enti religiosi che operano in questa maniera. Credo che in ogni caso siano pochissimi. Svolgere l’attività sociale utilizzando il principio dell’autosufficienza attraverso l’agricoltura ci rende senza dubbio una realtà molto particolare. La figura del Fondatore oggi è fonte di studio sia sul profilo religioso sia su quello pedagogico.
Siete una delle prime aziende vinicole biologiche certificate in Sardegna, cosa significa “oggi” produrre vini biologici?
Di questi tempi, ritengo che sia importante ribadire il concetto che il vino si fa prima di tutto in vigna e che solo un vino che ha la certificazione biologica può chiamarsi tale.
Nello specifico, noi siamo certificati dal 1992. Ci sembrava una conseguenza logica, occuparci del prossimo e garantirgli il prodotto più sano possibile. La certificazione è l’unico passo verso la trasparenza, ed è l’unica garanzia che si può offrire al consumatore. Bisogna considerare il fatto che su ogni tipologia di vino biologico, oltre ai normali controlli, vengono eseguite analisi su più di 250 principi attivi di pesticidi e fertilizzanti chimici.
Operativamente utilizziamo tecniche colturali che ci consentono di arrivare alla raccolta con la miglior qualità possibile delle uve. Se necessario eseguiamo una cernita dei grappoli migliori cosi da garantire uno standard qualitativo elevato. Controlliamo il carico produttivo e nel periodo vegetativo monitoriamo le produzioni in modo da poter intervenire tempestivamente qualora ce ne fosse bisogno. La raccolta avviene manualmente e in cassette e la lavorazione delle uve è immediata, dal momento che le uve e l’enopolio sono nello stesso sito. Le produzioni biologiche, ci consentono di avere un ottimo prodotto di partenza, per tanto, in cantina non abbiamo necessità di intervenire eccessivamente sulle caratteristiche dei vini. Abbiamo una buona dotazione tecnologica che ci permette di monitorare passo dopo passo tutta la filiera produttiva. Lavoriamo per ottenere vini di elevata qualità perché riteniamo che sia fondamentale produrre prima di tutto un buon vino, che in più è biologico.
Come si ottiene la certificazione biologica?
Innanzitutto occorre rivolgersi a un ente di certificazione accreditato, il quale eseguirà dei controlli su tutta la filiera produttiva. Se il prodotto finale è conforme, rilascia la certificazione. A quel punto si può inserire in etichetta il logo, il codice dell’ente che certifica e l’identificativo dell’azienda. Al momento in Europa, questo è l’unico modo possibile per certificare i prodotti da agricoltura biologica.
L’agricoltura biologica è una filosofia di vita. Ottenere la certificazione non è semplice, necessita di tanto impegno e sacrificio, ci sono molti parametri da rispettare. Nonostante questo, crediamo fermamente nella possibilità di coltivare la terra rispettandola e salvaguardando noi stessi.
Che cosa pensi del relativo disciplinare e in che modo si può migliorare?
Credo sia doveroso scindere la parte agronomica e la parte enologica del disciplinare. Secondo me, dal punto di vista agronomico è giusto e misurato. Dal punto di vista enologico, si potrebbe limitare ulteriormente l’uso di alcune sostanze, ma nel complesso, il principio è quello di ridurre al minimo gli interventi e puntare sulla massima tipicità delle produzioni. Ultimamente spuntano disciplinari e tipologie di vino di ogni genere. Resta il fatto che questo è l’unico disciplinare riconosciuto dal Mipaaf e per tanto l’unico che si differenzia dal vino convenzionale ed è garantito su tutta la filiera produttiva.
Torniamo a noi, cantina e vigneti si trovano nella Penisola del Sinis, raccontaci le caratteristiche principali di questo territorio.
Il Sinis è una lingua di terra che si spinge verso il mediterraneo al nord del golfo di Oristano. Il clima mite e i terreni sabbiosi misti a marne, nel sottosuolo, una caratteristica spalla di tufo funge da spugna e ci permettono di superare agevolmente i periodi estivi, fatta eccezione per il 2017. Sono terreni di origine marina particolarmente vocati. Il maestrale è fedele compagno delle nostre giornate. Siamo nella patria della vernaccia, incastonati tra i comuni di Baratili, Riola Sardo e Narbolia. I nostri vigneti si trovano in prossimità della zona denominata is Benas, un tempo area completamente desertica caratterizzata da ampie zone sabbiose. All’interno della nostra azienda, tra cantina e vigneti abbiamo l’area didattica per i nostri ospiti e il sito archeologico. Is Araus, il vermentino DOC che produciamo nei vigneti che si trovano in prossimità del sito, riporta in etichetta l’altare fenicio punico rinvenuto nel sito stesso. Siamo a pochi passi dal mare, questo rende il clima temperato e nei periodi estivi favorisce buone escursioni termiche.
Parliamo dell’ultimo nato, Maistu, uno Spumante Metodo Classico da uve Chardonnay. Non siete nuovi alla produzione di vini spumante, cosa è cambiato da allora?
Abbiamo iniziato a spumantizzare al consorzio interprovinciale della frutticoltura che ci ha guidati e ha favorito questo processo di ammodernamento delle aziende vitivinicole regionali. Le prime bottiglie prodotte risalgono al 1983, un brut e un demi sec ottenuti col metodo charmat utilizzando la malvasia come vino base.
Successivamente abbiamo realizzato la nostra cantina a Putzu Idu e iniziato un processo di ammodernamento di tutte le linee di produzione. Siamo passati attraverso il Dominus 2009, ispirato ai cicli della terra e ai riferimenti che la religione cristiana ha con il vino; Le Tavole nel 2014, un vino rosso strutturato e di grande spessore, realizzato in occasione della consegna delle costituzioni dei due rami della Compagnia e Maistu nel 2015, è uno spumante metodo classico realizzato integralmente da noi. La raccolta avviene i primi giorni di agosto. Le uve vengono subito pressate e attraverso una ciclo di pressatura complesso, selezioniamo il mosto da destinare al vino base. La fermentazione avviene a temperatura controllata di 18-20 gradi. Nella primavera successiva eseguiamo il tiraggio per la presa di spuma ed inizia il ciclo di rifermentazione e affinamento sulle fecce che dura due anni. In seguito, remuage in pupitres e degorgement finale.
Abbiamo investito tanto in questo progetto, per noi è una grande sfida. Lo spirito che guida questa realtà è proiettato verso il futuro, guarda in alto. Riteniamo che sia necessario stare al passo con i tempi, crescere, evolversi e migliorarsi. Maistu è un omaggio al Fondatore dell’Opera, Evaristo Madeddu, il Maestro e Guida della realtà Evaristiana.
In Sardegna come in altre regioni, la vendemmia 2017 è stata una delle più scarse dal dopoguerra, come sarà la qualità finale del prodotto?
Nonostante la quantità non fosse in linea con le nostre abituali produzioni, abbiamo compensato con livelli di qualità delle uve molto elevati. Abbiamo grosse aspettative sull’annata 2017, i bianchi sono già in commercio e il mercato sta rispondendo molto bene. Per i rossi è ancora presto, ma si può già affermare che saranno eccezionali. Abbiamo lavorato con macerazioni lente che realizziamo con il metodo Ganimede che ci consente di avere un rimontaggio del cappello quasi continuo con una cessione decisamente interessante. Dal punto di vista organolettico, abbiamo volatili bassissime e questo ci permette di approcciare alle diverse fasi di lavorazione e affinamento utilizzando tenori di solforosa sempre più bassi. Saranno sicuramente vini carichi di struttura e certamente longevi.
Se dovessi raccontare i vostri vini a chi non li ha mai assaggiati come li descriveresti? E quale sceglieresti come più rappresentativo?
Direi che il tratto distintivo dei nostri vini è proprio la tipicità che contraddistingue ogni bottiglia. Penso all’appassimento in pianta delle uve moscato, o al processo di realizzazione dello spumante o ai dodici mesi di affinamento de Le Tavole, per non dimenticare i tre doc, con vigneti longevi e produzioni particolarissime. In ogni tipologia di vino si può assaporare la storia e le peculiarità della zona del Sinis. É difficile sceglierne uno in particolare. Io vi consiglierei di assaggiarli tutti, partendo dalle eleganti e fini bollicine di Maistu.
Che progetti avete per il futuro dell’azienda?
Abbiamo diverse azioni in campo. Attualmente stiamo implementando la rete di vendita con l’apertura del secondo punto vendita a Villasimius nella centrale via del Mare, 130. A breve contiamo di ultimare i lavori di completamento della cantina, per renderla fruibile anche ai visitatori. Abbiamo in atto un progetto con la Vernaccia ma questo ve lo racconterò nella prossima intervista!
Un’ultima domanda… la Sardegna del vino, un pregio e un difetto secondo il tuo punto di vista.
Viviamo in un’isola splendida che ci regala la possibilità di avere dei vini molto particolari che esprimono al meglio il territorio in tutte e sue tipicità. Forse questo è anche il più grande difetto, l’insularità enologica non ci da la possibilità di confrontarci con il panorama enologico che ci circonda e capire meglio come migliorarci ulteriormente.
Grazie Mattia, ci si vede molto presto in cantina!