Nulla nasce per caso, nemmeno i sogni.
Questo è stato il messaggio principale che il patron Salvatore Pilloni ha voluto lanciare durante il suo intervento di apertura alla conferenza stampa per l’inaugurazione della nuova cantina della sua azienda, Su’entu.
Un excursus della sua vita, da quando, ancora ragazzo, partì per Torino in cerca di lavoro, fino ad oggi, imprenditore di successo. Un’avventura importante, quella che lo vede, protagonista insieme alla sua famiglia, intraprendere la strada di imprenditore agricolo. Una scelta dettata dal desiderio e dalla passione per la terra. Un sogno che con il passare del tempo è divenuto realtà. Un percorso personale e familiare che ha dato nuova luce alla Marmilla ed al suo territorio. Un sogno basato sulla sostenibilità, sul rispetto dell’ambiente e finalizzato a dare occupazione, come ha voluto ricordare la figlia Valeria, amministratore delegato del gruppo.
La cantina si trova in località Nuraxi Pusceddu, a qualche km da Sanluri. Sulla collina che domina la tenuta e i sui vigneti si erge la cantina, un punto strategico con un paesaggio mozzafiato dal quale, nelle giornate migliori, il mare si mostra all’orizzonte.
La struttura, frutto del lavoro dei giovani architetti Mario Casciu e Francesca Rango, è innovativa nello scenario sardo, non solo per gli spazi dedicati alla produzione e alle attività affini, ma anche quelli ricettivi, per ospitare al meglio chi vuole conoscere più da vicino Su’entu ed i suoi vini.
Durante la presentazione, diversi gli interventi e gli argomenti trattati.
Andrea Balleri, miglior sommelier d’Italia nel 2013, nella squadra da novembre 2014 con il ruolo di responsabile commerciale, ci dà qualche dato sulla cantina.
La produzione attuale si attesta sulle 100mila bottiglie, i vigneti sono ancora giovani, perciò la resa al momento è ancora bassa (si parla di 23quintali per ettaro per il bovale e 60-65 per il cannonau). Nell’arco di 2-3 anni si penserà di poter arrivare alle 250mila bottiglie.
Per quanto riguarda le referenze al momento sono otto: due tipologie di vermentino (uno che fa acciaio e uno di maggior complessità che fa acciaio con passaggio in legno), l’aromatico (un blend a base di uve chardonnay, moscato e nasco), due bollicine (tra cui un brut spumantizzato metodo charmat a base di vermentino e un brut rosè a base di cannonau), un passito a base di moscato e nasco, due rossi molto importanti (ovvero il cannonau e il bovale, quest’ultimo selezionato per la cena che si terrà a villa Lario alla quale presenzierà il Pincipe Carlo in visita a Expo).
Tra due settimane circa uscirà invece una nuova bottiglia dal nome Mediterraneo, ottenute da uve monica, cagnulari e bovale.
Per quanto riguardo la commercializzazione dei prodotti, oltre alla Sardegna ed al resto d’Italia, si è iniziato ad entrare nel marcato europeo, ma anche statunitense e australiano.
Per l’agronomo Luca Mercenaro si tratta di una esperienza di crescita importante: trenta ettari di vigneti collinari con pendenze elevate, coltivati prestando attenzione al territorio ed alla difesa dello stesso. Il vento costante che da il nome all’azienda contribuisce naturalmente a che non ci siano attacchi fungini. La tecnica agronomica, quindi, ma anche l’aiuto della natura per una produzione ancora più sostenibile.
Anche l’enologo Piero Cella, tra i più noti in Sardegna, ha creduto fosse importante poter affiancare un imprenditore lungimirante e aiutarlo a coronare questo grande progetto.
Alessandra Guidoni, antropologa, interviene invece sui risvolti sociali. Il turista enogastronomico, ci dice, spende il doppio del turista “old style”, poiché è una amante del paesaggio sardo e ama i suoi prodotti. Nei prodotti cerca l’identità e il carattere del territorio. Molto importante, quindi, l’aspetto ricettivo sul quale l’azienda vuole puntare.
L’assessore Falchi sottolinea che per fare agricoltura ci vogliono valori e passione. Un imprenditore raramente converte i suoi guadagni in attività agricole. La strada intrapresa da Salvatore Pilloni è un bellissimo esempio che ci deve far ragionare. Una persona che non ama fare le cose casualmente, un imprenditore progressista, come lo chiama simpaticamente la moglie, con progetti ben precisi e moderni. Realtà che la politica e le istituzioni devo sostenere per il bene della Sardegna.
Per ultimo, ma non perché meno importante, abbiamo lasciato l’intervento di Giuseppe Carrus, giornalista del Gambero Rosso, rivolto non solo all’azienda Su’Entu e alle persone presenti, ma a tutto il comparto e alle istituzioni. Il vino sardo deve essere protagonista nella comunicazione del territorio e la nomenclatura che oggi si dà alle bottiglie non aiuta in tal senso.
Afferma Carrus:
“Chiamare il vino con il nome del proprio territorio è il mio sogno, affinché un giorno si possa così andare in un grande winebar di Manhattan o in un ristorante stellato europeo e sentire chiedere a un cliente un Marmilla o un Sulcis, ad esempio. Perché quel cliente, in quel momento, non starà chiedendo solo un vino, ma anche un territorio che magari un giorno sognerà di andare a vedere in prima persona. Questo, sono sicuro, creerà un indotto importante per tutta la Sardegna e la cantina avrà allora non solo un valore commerciale, ma anche sociale”.
Un sogno che condividiamo anche noi di Le strade del vino, e che, in una giornata che sancisce la nascita di una realtà importante, è di buono auspicio per il futuro della nostra amata isola.
Di Mario Josto D’Ascanio