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Tachis, papà dell’enologia di qualità in Sardegna

Turriga, Terre Brune e Barrua, libro Giacomo Tachis

Tachis, papà dell’enologia di qualità in Sardegna. Di recente ho letto diverse interviste e saggi su questo famoso personaggio che è rimasto ammaliato e affascinato fin dai primi incontri con la Sardegna. L’ha battezzata “isola della Natura” perché dice lui che è capace di risvegliare quel rapporto unico e intimo dell’uomo con la natura. Il mix di aria, sabbia, luce, mare, forme dei colori, che ci colgono in un impatto straordinario e incantevole. 

La prima volta che Tachis è venuto in Sardegna è stato spinto dalla passione per l’archeologia. Giunto alla fine degli anni sessanta, sulle orme dei preistorici nuraghi per vedere Domus de Janas e nuraghi. Né approfittò e visitò la cantina sociale di Tortolì dove trovo delle uve veramente eccezionali.» In seguito all’inizio degli anni ’80 Antonello Pilloni, il presidente della Cantina Santadi, lo cercò e gli chiese di essere loro consulente per aiutarli nell’opera di trasformazione e crescita del territorio. Sebbene dipendente degli Antinori fu entusiasta della proposta e con il benestare di Piero Antinori, iniziano le consulenza, 2 o 3 volte al mese, il sabato e la domenica. L’arrivo di Tachis rappresentò una vera e propria svolta.

Da tempo apprezzava le importanti qualità dei vitigni sardi, in particolar modo il Cannonau di Tortolì e il Carignano suo grande amore negli anni. Dice: « La Sardegna è baciata da un clima straordinario e da una luminosità eccezionale. Loro hanno una luce e un sole benedetti da Dio. Pensate ai terreni sabbiosi che hanno. Non hanno mai venduto fumo, perché hanno dei vigneti di qualità straordinaria. Se i francesi lo sapessero correrebbero a comprarli. Gli conviene non dirlo. Hanno anche delle viti su piede franco con un’età di 150 anni. Pensate se un francese lo sapesse… Cosa succederebbe? »

Gran parte dei mosti sardi all’epoca attraversavano il Mediterraneo per raggiungere la Francia e l’Italia settentrionale per arricchire i vini di quelle terre. Negli anni Ottanta la Sardegna iniziò il percorso del riscatto che ha portato al salto qualitativo che oggi si cui oggi si raccolgono i frutti. Anni in cui con l’invito della Comunità Europea, si procedeva all’espianto dei vigneti da parte di molte aziende e cantine ammaliate dagli incentivi economici.

Altre realtà, intelligentemente, attuarono una riconversione alla qualità, puntando sul vino imbottigliato e valorizzando i vitigni tradizionali del territorio. Così, nelle terre del Sulcis, la Cantina di Santadi, con il fondamentale apporto di Tachis, iniziò un consapevole lavoro di rinnovamento puntando sul vitigno principe di quel territorio: il Carignano. Ecco la descrizione del Carignano dalle innamorate parole di Tachis: « è una varietà “gentile”, nel senso che ha una grande nobiltà di fondo. Stile e classe non le fanno difetto. Diciamo che da vita a rossi aristocratici, ricchi di polifenoli e di tannini dolci. Allo stesso tempo regala prodotti molto moderni, uno dei motivi per i quali i produttori di Bordeaux venivano in Sardegna a caricare il mosto con le cisterne. Un altro tratto saliente è che si presenta come un vino prettamente marittimo: basti pensare che a Porto Pino le viti sono letteralmente spruzzate dall’acqua del mare, tanto sono vicine alla costa. Infine ha una “socialità organolettica” assai spinta, si sposa cioè con altri vitigni mantenendo una sua impronta precisa e riconoscibile.»

Da questa uva accompagnata da un cinque per cento di un altro vitigno, il Bovaleddu, passate in barrique dietro la regia di Tachis nasce un grande vino rosso: il Terre Brune. Un vino pioniere che ha fatto conoscere una Sardegna enologica capace di fare concorrenza a regioni italiane con una storia enologica affermata 
». Sempre negli anni ’80, gli Argiolas gli propongono di collaborare con la loro azienda e Tachis accetta seconda sfida sarda. Inizia la riqualificazione aziendale: nuovi processi di produzione, ristrutturazione cantina sfruttano le più moderne tecnologie. In questo contesto di decide di puntare tutto sui vitigni autoctoni vista la grande qualità delle uve aziendali. Per far nascere il primo grande vino Argiolas il “mescolavino” decise di unire al Cannonau il Carignano, il Bovaleddu e la Malvasia nera.
Tachis dice: « il Turriga è nato nel 1988, fu fatto in una stanzuccia dove c’era un piccolo condizionatore d’ufficio in casa degli Argiolas. Avevano delle uve eccezionali, in terreni eccezionali ed ecco quel vino eccezionale di nome Turriga.» Dietro il Turrìga, come dietro ogni vino che si rispetti, c’è l’azienda che lo produce. Intanto è fondamentale una uva che va coltivata in un determinato contesto, dove il terreno deve avere la sua qualità, una qualità che nessun enologo – né in terre né in cielo – potrebbe creare o inventare. Occorre un microclima particolare, un determinato sistema di allevamento, una corretta gestione della pianta e del vigneto. E mica è facile gestire correttamente la pianta e il vigneto tutto. Occorre metodo e costanza, attenzione e perseveranza. Gli Argiolas hanno tutti questi requisiti. E poi sanno gestire la cantina. Ecco, solo a questo punto entra in gioco l’enologo. Che può fare un allenatore se non dispone di giocatori capaci? Col Turrìga loro hanno avuto una fortuna meritatissima ».

Negli anni novanta Tachis ha creduto e puntato sulla tipicità, ottenendo grandi risultati.

Nell’agosto 2002 nasce una nuova realtà ed è ultima perla isolana dell’enologo. Le premesse ci sono tuttea partire dai personaggi: Antonello Pilloni, il Marchese Niccolò Incisa della Rocchetta, Sebastiano Rosa e Tachis. Artefice e promotore del matrimonio tra la Tenuta di San Guido e la Cantina Sociale di Santadi. Dell’ incontro fra la Toscana e la Sardegna, fra il Sassicaia e il Carignano, i suoi veri amori. Nasce Agricola Punica, composta da due tenute, Barrua e Narcao, nel Sulcis meridionale, culla del Carignano. Il primo prodotto dell’azienda, il Barrua è un vero e proprio capolavoro dell’enologia italiana che ha suscitato grande curiosità fin dalla gestazione e ha conosciuto un successo straordinario ancora prima di essere immesso sul mercato.

Ricordo divertito, quando le persone venivano al banco di degustazione del Vinitaly facendo confusione chiedevano Sassicaia (sardo) invece di Barrua.

Per chi si volesse leggere un libro su Tachis, scritto qualche anno fà, vi consiglio l’autobiografia “Sapere di vino” al cui interno trovate un paragrafo dedicato proprio al Carignano .

Di Augusto Piras

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