Boinaglios è un vino tratto da uve Cannonau DOC selezionate e prodotte nell’agro di Oliena. Per i suoi requisiti geografici è riservata la dicitura Nepente di Oliena.
Le uve sono prodotte nella vigna situata in località Boinaglios (o Voinaglios = bovari o conduttori di buoi), da cui il vino prende il nome. Vi si accede da una via di penetrazione che parte a fianco del locale “il Grifone”, di fronte alla strada per la chiesetta di Nostra Signora di Monserrata, dalla strada Provinciale 46 che da Oliena conduce alla zona di Su Gologone e Dorgali.
E’ una vigna all’interno di una zona naturalmente inserita nella Strada del Cannonau. Su tutti i lati è circondata da altri vigneti, e dista circa 400 metri dall'alveo del fiume Cedrino che attraversa tutta la vallata di "Papaloppe" (circa 130-150 m slm). Il terreno è di tipologia argilloso-permeabile particolarmente vocato per la vite. Il clima è di tipo mediterraneo, semiarido, tipico delle zone interne con apporti idrici mediamente da 708 mm l'anno, con appena 43 mm nei mesi estivi.
Queste caratteristiche erano già ben note ai componenti della Famiglia Tolo, che coltivarono la vite fin dal 1565, quando il capostipite Sebastiano Tolo (poi Tolu) ottenne in concessione i terreni dell’Arcivescovo di Cagliari, Mons. Parragues di Castillejo, acquisendo in seguito possedimenti che dalla zona di Galtellì (allora sede della Diocesi) si estendevano fino all’agro di Oliena. Nella metà del 1800 Donna Luigia Tolu sposò il Dr Alberto Calamida (Il primo “Medico dei Poveri”, zio del Dr Raffaele) e la vigna Boinaglios fu tra i terreni ereditati che la Famiglia Fele-Calamida coltivò fino alla fine del 1900. Nel 2004 la vigna è stata reimpiantata e lo stemma araldico della Famiglia Tolo è stato adottato dagli attuali discendenti Ledda Fele come simbolo, ed esposto ad etichetta del vino, assieme a due strofe della poesia “Oliena all’Ospite” scritta da Francesco Fele.
<<...S’ulianesu ca no est avaru / et las rezzit de coro sas visitas, / a s’ospite chi tenet meda caru / offerit sas prus cosas ischisitas; / e bilu invitat finzas a rebotas / da uve che regorden bellas cottas. Ca su vinu nigheddu generosu / craru e perfettu de forza e profumu / ti tenteat, ca est troppu gustosu, / a non ti regulare in su consumu; / et non penzas chi piccat conca e pedes / si buffande su limite l’eccedes>>.
(L'olianese, che non è avaro / e riceve di cuore le visite / all'ospite che gli è molto caro / offre le cose più squisite / e lo invita anche agli spuntini / dai quali riportano belle sbornie. Perchè il vino nero generoso / chiaro e perfetto di forza e profumo / ti tenta, poichè è troppo gustoso / a non regolarti nel consumo; / e non pensi che ti prende a testa e piedi / se bevendo il limite eccedi.) Da Uliana a s’Opite, Francesco fele 1936.
Il nome Nepente, che deriva dal greco "ne" (non), e "penthos" (tristezza), nessuna tristezza, fu attribuito al Cannonau di Oliena da Gabriele D’Annunzio, decantandolo nel 1909 nella famosa guida alle Osterie d'Italia (di Hans Bart), avendolo conosciuto durante una sua visita ad Oliena nell’estate del 1882 assieme con Cesare Pascarella ed Edoardo Scarfoglio, inviati in Sardegna per conto del giornale “Capitan Fracassa”. D’Annunzio, astemio, se ne inebriò solo al profumo ed i tre, che furono anche ospiti di Giovanni Tolu, come raccontato da Scarfoglio, rimediarono una solenne sbronza. Scarfoglio così descrisse quella visita:
<<.....Andammo nel pomeriggio ad Oliena, dal sindaco, che ha tutto il salotto tappezzato di fogli illustrati. Il sindaco, naturalmente, ci costrinse a bere due o tre bicchieri di vino; poi si uscì tutti insieme per vedere Giovanni Tolu, il più ricco possidente di Oliena. Egli raccoglie tanto vino da ubriacare per tutto l'anno un reggimento prussiano, e non sa nemmeno lui quante tanche abbia, popolate di bovi e di cavalli.Mena una vita di sardo antico; vita di cacciatore e bevitore. Lo trovammo in casa, vestito con un borghese agiato, ma col berretto sardo; e ci accolse con una cortesia grave e affabile di montanaro. Ci fece salire nelle stanze degli ospiti, che nelle case sarde occupano sempre il secondo piano; e subito ci versò da bere. Nella stanza c'erano due letti disfatti, destinati agli ospiti: alle finestre non c'erano i vetri, e le rondinelle entravano liberamente, e ci stridevano sul capo edificando i nidi fra le travi del soffitto. Uscendo dallacasa di Giovanni Tolu, ci accadde una cosa seria: incontrammo il curato, e dovemmo andare con lui a bere il vino suo; poi incontrammo altri, e non ci fu scampo: bere o affogare Quando facevamo delle rimostranze, ci guardavano con certe facce meravigliate e turbate, come gentleman inglesi che sentano qualcosa di sconveniente.
L'usanza del paese è questa; e convenne piegarsi. Il nostro ultimo ospite fu l'assessore anziano, un vecchietto lungo, secco, duro, di cartapecora, con le brache bianche, con gli occhiali sul naso di falco: un ciabattino onesto e ilare, come un ... ciabattino antico. Quando Dio volle, ci rimettemmo in carrozza. Il vino d'Oliena ci gorgogliava nelle vene, e ci assaliva il cervello con certi prorompimenti di fiammate calde, con certi sussulti di pazzia. Il vino d'Oliena è un vino denso di rubino cupo: un vino calmo che sotto il rossore placido nasconde i tradimenti. Vi discende nello stomaco accarezzandovi il palato con certi vellicamenti di donna innamorata, accarezzandovi le papille del naso con certi profumi tentatori. Poi d'improvviso irrompe, e v'invade la testa, e v'invade tutto il corpo, invincibilmente. Così noi tornammo cantando a squarciagola con la testa piena di fiamme. Passammo ponte Michinari, passammo ponte de su Re, passammo ponte Caduchè, passammo ponte Capparedda.
La notte scendeva a grandi passi dalle monagne, e noi a traverso quell'invadimento delle ombre ce ne andavamo cantando a squarciagola.>>.
“Papavero” (Edoardo Scarfoglio) calendimaggio 1882 - corrispondenza per il “Capitan Fracassa”.