Dal Mondo

Dal 2016 l’abolizione del diritto d’impianto. E’ la strada giusta?

Panoramica vigna

Il 19 marzo, su iniziativa dei deputati europei Astrid Lulling (LU) e Michel Dantin (FR), si è tenuto a Bruxelles un grande dibattito in favore del mantenimento dei diritti di piantagione vitivinicoli. Erano presenti nove Ministri europei dell’Agricoltura (Germania, Austria, Francia, Finlandia, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Malta, Romania) e circa 350 rappresentanti politici e professionali, di tutti gli orientamenti politici, mobilitati contro la liberalizzazione di questi diritti, stabilita dalla riforma dell’OCM-Vino del 2008 e prevista per il 2016. L’Assemblea delle Regioni Europee Viticole (AREV) era rappresentata dal suo primo Vice Presidente, Aly Leonardy (LU), che nel suo intervento ha sottolineato l’importanza dei risultati dello studio scientifico, richiesto dall’AREV al Prof. Etienne Montaigne (Montpellier), sull’impatto socio-economico e territoriale della loro abolizione. Incoraggiato dalle conclusioni di questo lavoro di ampio respiro, Aly Leonardy ha così concluso: “Da parte sua, l’AREV chiede con insistenza a coloro che detengono il potere decisionale che, nel quadro della riforma della PAC, la regolazione del potenziale di produzione sia reintegrato, per tutte le categorie di vini e per tutti gli Stati membri, nella regolamentazione vitivinicola europea”.

Nonostante il gesto di apertura della Commissione, che nel mese di gennaio ha dato vita a “un gruppo di riflessione ad alto livello” su tale tema, i rappresentati delle collettività territoriali interessate e i loro professionisti temono una manovra dilatoria e contano fortemente sul volontarismo del Parlamento Europeo, ormai dotato di potere decisionale, per far sentire la propria voce.

Intervento de Aly Leonardy

Parlamento Europeo 19/03/2012

“Rispetto alla forte controversia sulla liberalizzazione dei diritti di piantagione, che agita la filiera del vino da quando la Commissione ha annunciato, nel mese di luglio del 2007, che avrebbe abolito definitivamente ogni regolazione, l’AREV ha pensato che fosse importante valutare obiettivamente la questione e rivolgersi a degli specialisti, a universitari, che potessero approfondire il tema. Poiché nessuna istituzione interessata si decideva a prendere l’iniziativa, abbiamo richiesto che fossero esaminate differenti situazioni e esperienze in parti del mondo in cui regna l’assenza di diritti di piantagione.

Abbiamo quindi pubblicato un bando internazionale, in seguito al quale abbiamo affidato al Prof. Etienne Montaigne di Montpellier, alla sua equipe e ai suoi corrispondenti nel mondo, il compito di realizzare uno studio dettagliato che su basi solide, obiettive, scientifiche, potesse fornire un aiuto alla decisione. Un aiuto alla decisione della Commissione, che in tale circostanza detiene l’iniziativa, del Consiglio, che può a maggioranza qualificata obbligare la Commissione a prendere un’iniziativa, e del Parlamento che è ormai dotato di potere decisionale e che si era già opposto, a larga maggioranza, alla liberalizzazione nel suo rapporto di dicembre 2007, deliberatamente ignorato da coloro che all’epoca erano dotati di potere decisionale.

È probabilmente difficile per la Commissione dare l’impressione di ricredersi rispetto a un principio di deregolamentazione sul quale si è adoperata nel corso degli anni passati. Ma, del resto, la legittimità democratica della costruzione europea è in primo luogo rappresentata dall’emanazione dei governi, essi stessi emanazione delle maggioranze politiche che i nostri concittadini hanno eletto nei nostri differenti territori e nei nostri differenti Stati membri. Di conseguenza, l’evoluzione che costatiamo circa la posizione di un certo numero di ministri e di governi è, a nostro parere, estremamente importante e vogliamo contribuire ad elargirla e a consolidarla.

La particolarità dell’AREV risiede precisamente in questo approccio territoriale che consiste a completare la difesa di un ambito professionale e della sua legittimità del territorio attraverso la visione politica di coloro che devono garantire lo sviluppo della loro economia rurale, assicurare un avvenire alle nuove generazioni, e lavorare inoltre sulle problematiche ambientali.

Non si tratta di un dibattito tra conservatori e uomini di sicuro avvenire, tra coloro che difendono interessi corporativisti e consumatori. Si tratta di un dibattito di fondo che consiste precisamente nel federare l’insieme degli interessi dei consumatori, dei difensori dell’ambiente, degli interessi professionali della viticoltura e della dinamica globale dei nostri territori sul piano dell’economia rurale.

Questo studio su “gli impatti socio-economici e territoriali” della liberalizzazione dei diritti di piantagione è stato reso pubblico dieci giorni fa; noi possiamo soltanto esortare vivamente i politici europei che detengono il potere decisionale a esaminarlo attentamente e a trarre da questo verdetto scientifico indipendente le conclusioni che s’impongono.

“Da parte sua, L’AREV chiede con insistenza a coloro che detengono il potere decisionale che, nel quadro della riforma della PAC, la regolazione del potenziale di produzione sia reintegrato, per tutte le categorie di vini e per tutti gli Stati membri, nella regolamentazione vitivinicola europea”.

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