Dalle interviste di “Aspettando Vinitaly” le proposte per stimolare il consumo di vino nei ristoranti non mancano, come quella di applicare ricarichi più bassi nei giorni meno impegnati della settimana. Tre gli ingredienti per fare una buona carta dei vini: competenza, capacità gestionali e rispetto per il cliente.
Verona, 1 febbraio 2012 – “La carta dei vini ampia e profonda è un lusso che richiede un attento impegno nella gestione”. Lo dice Sebastiano de Corato, sales and marketing manager della cantina Rivera, secondo il quale anche la gestione del vino al bicchiere è impegnativa per la maggior parte dei ristoratori.
Meglio avere meno etichette allora, come sostiene Manuel Pietrolini responsabile vendite di Boldrini Import Export, per non rischiare di “annoiare o confondere il cliente medio e per mantenere la carta dei vini più aggiornata con le annate giuste, cosa che troppo spesso non succede”.
La crisi dei consumi di vino nella ristorazione si sente, ma per trovare soluzioni adatte al momento occorre fare un’analisi ampia della situazione. La considerazione emerge dalla serie di interviste che Vinitaly sta realizzando tra gli operatori del settore e che ha quest’anno per focus il vino nella ristorazione.
Secondo Beppe Maffioli, chef del ristorante Carlo Magno di Collebeato in provincia di Brescia, nel primo anno di introduzione delle norme antialcol il calo è stato del 70% , “ma la tendenza si è consolidata negli anni legandosi al cambiamento di stile di vita che porta a scegliere un numero minore di portate e preferire vini più digeribili”.
Per risollevare i consumi de Corato propone, oltre all’inserimento in lista di vini di qualità in piccolo formato, l’applicazione di un ricarico più basso in giorni meno impegnati e la possibilità per il cliente di portarsi la bottiglia versando un diritto di tappo. Va bene anche introdurre vini esteri, ma perché ce ne sono di interessanti e con un buon rapporto qualità-prezzo, non per sfruttare la mancanza di riferimento di prezzo e marginalizzare a piacimento. Il problema, secondo Carlo Cambi, giornalista enogastronomico, è che “i ristoratori non hanno alcuna strategia per rivitalizzare i consumi. Se l’avessero ci sarebbero più sommelier in servizio”.
Il ruolo dei sommelier è riconosciuto infatti importante per capire le esigenze del cliente e per intercettare i cambiamenti di gusto. Può è deve consigliare, servono però “buoni consigli e disinteressati– dice Pietrolini -, con la volontà di far scoprire qualcosa di nuovo al cliente, altrimenti si ottiene l’effetto contrario, e cioè che il consumatore non si fidi più”. “Ristoratori in grado di consigliare un vino a prescindere da quanto hanno letto sulle guide o dall’offerta del momento fatta dal rappresentante sono una minoranza – afferma Cambi -. Chi sa consigliare veramente – continua – ha già fatto scelte precise. Servono nuove iniziative, come le presentazioni dei vini da parte dei produttori, perché un rapporto fiduciario cliente-produttore è alla base del nuovo marketing del vino”.
Le interviste complete sono disponibili sito http://aspettando.vinitaly.com dove è possibile partecipare al dibattito.
L’indagine “Vinitaly incontra la ristorazione” è disponibile nella sezione “Studi e Ricerche” dell’Area Stampa del sito www.vinitaly.com.