Storia: La coltivazione della vite e la vinificazione vantano in Sardegna una storia antichissima, che affonda le radici nell’età del bronzo e si sviluppa nei secoli grazie alle eccezionali caratteristiche ambientali e climatiche dell’isola, ma anche attraverso l’incontro e il reciproco scambio con le numerose popolazioni che, nell’arco della sua storia, sono entrate in contatto con la Sardegna, la sua gente e la sua cultura.
La vitis vinifera è indigena in Sardegna?
È quasi certo che la vitis vinifera sia indigena in Sardegna, al pari dell’olivo: le sue prime tracce risalgono infatti all’epoca nuragica, e quindi a più di 3000 anni fa. Ma bisognerà aspettare l’arrivo dei Fenici, esperti navigatori, per assistere al diffondersi di importanti relazioni commerciali con le popolazioni del Mediterraneo.
Nei secoli successivi la viticoltura continuò a prosperare, come testimoniano importanti ritrovamenti archeologici come quello all’interno del complesso del nuraghe di Arrubiu a Orroli: veri e propri laboratori enologici completi di vasche per la pigiatura dell’uva e basi di torchi, datati tra il II e il IV secolo d.C., nonché il reperimento di numerosi vinaccioli (i semi contenuti nell’acino) risalenti allo stesso periodo.
Con la fine dell’Impero Romano e le successive invasioni barbariche si assiste a un forte spopolamento delle campagne e al conseguente abbandono delle colture, che durerà fino all’arrivo dei Bizantini. Furono in particolare i monaci Basiliani a rilanciare la viticoltura, con l’impianto di nuovi vigneti attorno ai loro monasteri. In epoca medioevale, con la nascita dei quattro Giudicati di Cagliari, Arborea, Torres e Gallura, la produzione viene consolidata e incrementata anche attraverso una regolamentazione codificata dalla “Carta de Logu”, promulgata da Eleonora di Arborea alla fine del 1300.
Lo sviluppo e la diffusione dei vini sardi continua la sua crescita durante il periodo della dominazione spagnola, tra il XIV e il XVIII secolo, anche grazie al progressivo aumento di scambi e contatti con le altre regioni del Mediterraneo. Nell’Ottocento, prima della comparsa della filossera, responsabile della distruzione di gran parte dei vigneti europei, la Sardegna vantava ben 80mila ettari di vigneto.
Successivamente, quando gli impianti vennero ricostruiti tramite innesto su viti americane, la viticoltura sarda riprese vigore, raggiunse il suo culmine produttivo alla fine degli anni Settanta del secolo scorso ed oggi attesta la sua superficie vitata intorno ai 27mila ettari.
Oggi la Sardegna si distingue per la produzione di vini di eccellente qualità e personalità, e il settore è in costante crescita e aggiornamento, grazie all’impegno di stabilimenti cooperativi e piccole e medie aziende private che operano con tecnologie all’avanguardia e con il supporto della Regione Sardegna e dei suoi incentivi.
Il terroir del vino in Sardegna
Territorio: La Sardegna gode di una fortunata combinazione di clima mite, venti marini, grande diversità di terreni e di esposizione al sole: un patrimonio unico che permette di coltivare uve differenti e di produrre vini dalle caratteristiche organolettiche e strutturali uniche e identitarie.
Il vigneto è presente fin dagli albori su tutto il territorio regionale e ne rappresenta un elemento distintivo, parte integrante del paesaggio al pari dell’uliveto, tanto nelle zone costiere che nelle regioni più interne dell’isola.
La peculiare conformazione orogenetica e territoriale consente in Sardegna una coltura moderatamente intensiva caratterizzata da una produzione enologica di elevata qualità.
Quali sono i vitigni più coltivati in Sardegna?
Tra i vitigni più coltivati oggi in Sardegna troviamo il Cannonau e il Vermentino, che certamente più di altri sono radicati nell’immaginario collettivo come fortemente legati all’identità isolana, ma anche altri vitigni come il Carignano, il Nuragus, il Monica, il Cagnulari, il Torbato, il Semidano, il Nasco, il Moscato, il Girò, la Malvasia e la Vernaccia, che hanno una diffusione maggiormente localizzata in aree specifiche e ne esprimono con forza il carattere e il patrimonio tradizionale e culturale.
Da questa vasta ricchezza varietale nasce un’ampia gamma di vini dalle tipologie diverse: dagli spumanti ai vini bianchi, sia giovani che evoluti; dai rosati ai rossi giovani, strutturati, invecchiati, fino ai vini dolci passiti e liquorosi.
Con l’applicazione delle più recenti e avanzate tecnologie e grazie alla competenza e all’impegno di moltissimi agricoltori e produttori, la Sardegna oggi trova il suo posto nella produzione e commercializzazione di vini di alta qualità, in grado di competere con le migliori produzioni europee.
Attualmente la produzione enologica sarda annovera 15 Indicazioni Geografiche Tipiche e 18 Denominazioni d’Origine tra cui una DOCG, il Vermentino di Gallura.
Quale è il vitigno più coltivato in Sardegna?
CANNONAU. Il Cannonau è il vitigno a bacca nera più diffuso della Sardegna e certamente il più conosciuto al di fuori dell’Isola. Viene coltivato su tutto il territorio regionale, anche se la maggiore concentrazione si trova nelle zone centrali dell’Isola, in particolare nell’area del Nuorese e dell’Ogliastra; la DOC (riconosciuta nel 1972) prevede una zona “classica” e si articola nelle sottozone Jerzu, Oliena e Capo Ferrato.
Per molto tempo si è ritenuto che il Cannonau fosse originario della penisola iberica, da cui sarebbe stato importato. Tuttavia alcuni importanti ritrovamenti archeologici hanno permesso di riscriverne la storia; durante gli scavi di Borore, nel sito archeologico Duos Nuraghes, sono stati infatti rinvenuti centinaia di vinaccioli di vite che risalirebbero al 1200 a.C., a conferma che le popolazioni nuragiche coltivavano la vite e producevano vino: antenato dell’odierno Cannonau.
Il Cannonau copre il 30% della superficie vitata della Sardegna
Il Cannonau oggi copre il trenta per cento della superficie vitata della Sardegna per un totale di circa 7600 ettari complessivi, concentrati per oltre il 70% nella provincia di Nuoro.
Il vino si caratterizza per una particolare finezza nei gusti e nei profumi, che variano da zona a zona di produzione. Ha una buona struttura e sensazioni gusto-olfattive che ricordano fiori o frutti rossi, freschi, che virano verso note mature e sfumature più calde e speziate nella tipologia riserva o liquoroso.
Il Carignano, uno dei vitigni più interessanti dell’enologia sarda
CARIGNANO. Il Carignano è un vitigno a bacca rossa coltivato prevalentemente nella zona del Sulcis, nella Sardegna sud-occidentale. La sua superficie di coltivazione rappresenta appena il 7% del totale regionale, ma nonostante la sua limitata diffusione il Carignano è certamente uno dei vitigni più interessanti dell’enologia sarda.
Si suppone che possa essere stato introdotto sull’isola dai Fenici, attraverso l’antico approdo di Solky le cui rovine sono ancora visibili nell’isola di Sant’Antioco. L’ipotesi sarebbe supportata dalla presenza del vitigno anche in altre regioni viticole del Mediterraneo interessate da insediamenti fenici, come Tunisia, Marocco e Algeria.
Una seconda ipotesi lega la sua introduzione al periodo aragonese, in considerazione del fatto che il vitigno viene denominato anche con il nome dialettale di Axina de Spagna. Il Carignano è presente anche in Spagna e in Francia. In Sardegna viene utilizzato per la vinificazione e la produzione della DOC Carignano del Sulcis (riconosciuta nel 1977) e di diverse IGT.
Il vitigno ha una forte resistenza ai venti marini, che gli ha consentito di attecchire e svilupparsi sui terreni sabbiosi e assolati del Sulcis. Ne deriva un vino longevo, dal colore rubino intenso e brillante, caratterizzato da profumi caldi e avvolgenti e sentori leggermente erbacei. Il gusto è secco, sapido, pieno e persistente, leggermente tannico.
Qual’è il vitigno a bacca bianca più coltivato in Sardegna?
VERMENTINO. La Sardegna è terra d’elezione per questo vitigno che, insieme al Cannonau, rappresenta l’espressione più tipica della produzione regionale. Alcuni ritengono che abbia avuto origine nella penisola iberica, altri nelle terre di Luni, tra Liguria e Toscana; si sarebbe poi diffuso in Francia e successivamente in Corsica; da qui, nel XVIII secolo sarebbe giunto in Gallura, trovando la sua terra di elezione.
Il vitigno è diffuso oggi in diverse zone d’Italia, in particolare in Liguria e in Toscana. Il Vermentino è coltivato in tutto il territorio sardo, con una superficie complessiva di circa 4200 ettari. La sua presenza su terreni caratterizzati da differenti ambienti e tecniche di coltivazione, fa sì che i vini prodotti dal vitigno Vermentino si caratterizzino per forti e singolari personalità, espressione delle diverse zone di produzione.
I vini a base di Vermentino si caratterizzano per il colore giallo paglierino con riflessi oro, e per intensi profumi floreali, che ricordano la ginestra e le erbe aromatiche. Il Vermentino viene utilizzato per la produzione dei vini a DOCG Vermentino di Gallura (istituita nel 2011) e dei vini a DOC Vermentino di Sardegna, Alghero Vermentino Frizzante e Cagliari Vermentino (riconosciute rispettivamente nel 1988, nel 1995 e nel 2004).
Qual’è la prima DOC in Sardegna?
VERNACCIA La Vernaccia è un vitigno di antichissime origini: importanti reperti archeologici provenienti da Tharros (nei pressi dell’odierna Cabras, Oristano) lasciano presumere che venisse coltivato già in epoca fenicia. C’è chi ritiene che si tratti addirittura di un vitigno autoctono, dato che il suo nome deriva dal latino vernaculus, domestico, e indica dunque un’uva tipica del luogo.
Questo spiegherebbe inoltre la presenza di altre “vernacce”, del tutto dissimili da quella sarda, in diverse aree viticole italiane. Oggi la sua coltivazione è limitata quasi esclusivamente alla provincia di Oristano, dove tecniche particolari di vinificazione e affinamento lo rendono un vino di grande complessità e longevità. Le botti di rovere o castagno in cui viene custodito vengono lasciate scolme, in modo che la presenza di ossigeno favorisca lo sviluppo di particolari lieviti durante la maturazione, capaci di formare un caratteristico velo denominato “flor”, che contribuisce a sviluppare il tipico aroma del vino.
La Vernaccia di Oristano si presenta nella versione secca, non rinforzata (usata anche come vino da pasto), oppure nella versione liquorosa. È un vino dal colore giallo scuro o ambrato, soprattutto per le versioni che hanno subito un lungo affinamento, e il suo profilo olfattivo è molto complesso e ricco, dominato da note di mandorla amara e arricchito da sentori di frutta candita, miele, vaniglia.
Oltre alla DOC Vernaccia di Oristano, prima Denominazione riconosciuta in Sardegna nel 1971, da questo tipico vitigno si ottiene anche un vino bianco giovane che viene commercializzato come IGT “Valle del Tirso”. Fonte: sardegnavinitaly.it